Marco Rovelli

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02/06/2016

Recensione a La guerriera dagli occhi verdi sull'Unità di Daniela Amenta

<L a mia vita è una goccia nel mare, la tua vita è una goccia nel mare. La storia del popolo curdo è il mare. Il suo dolore un oceano, ma resistiamo e andiamo avanti». Così nella quarta di copertina Marco Rovelli - giornalista, scrittore e musicista - riporta il pensiero, i sentimenti di Avesta, la combattente curda che sfidò il Califfato, uccisa in battaglia il 12 settembre del 2014. Nella giacca aveva una chiavetta, dentro un file con una lettera al fratello Harun. A lei, alla sua storia romanzata è dedicato La guerriera dagli occhi verdi (pag. 158, euro 16.50, Giunti) un libro bello, appassionato, scritto con cura e amore. Un romanzo appunto ma che nasce da un viaggio in Kurdistan dell’a u to re proprio sulle tracce di Filiz, poi diventata Avesta con nome partigiano. E nella narrazione scorrono appunto due piani paralleli: da una parte l’in - fanzia di Filiz e poi l’adolescenza, il legame con la famiglia e il villaggio, le feste e poi la consapevolezza, dall’altra la vita di Avesta la guerriera, capo pattuglia, che conosce armi e montagne come le sue tasche, ha il coraggio dei giusti, ama la sua gente, i compagni e le compagne che ha accanto e con i quali ha un rapporto limpido, paritar i o. Racconta Rovelli: «Sono partito nell’agosto 2016. Prima tappa a Mexmur, nella pianura desertica irachena al confine col Daesh, e di lì a Van, nell'est del Kurdistan turco. Il mio scopo era parlare con i guerriglieri che avevano combattuto con lei e con la sua famiglia, e attraversare i luoghi che lei aveva attraversato. Mi aveva colpito quell'intervista su Foreign Policy a un “cap o s quadra”donna, esperta nell'arte della guerra, che però nella foto pareva tutt'altro che militaresca, anzi risaltava la sua dolcezza, quasi timida. Poi dopo qualche giorno arrivò la notizia della sua morte, e mi parve quasi un segno». L’emancipazione femminile, i diritti e il ruolo mai subordinato delle donne, la parità tra generi e la sorellanza sono raccontati da Rovelli con una sensibilità forte. Pagine che a tratti commuovono, senza dubbio fanno riflettere, dimostrano quanto la questione curda sia legata ai principi della democrazia più avanzata. In uno dei passaggi del libro Avesta dice: «La donna non deve accettare di subire (...) La vittima deve prima di tutto rendersi conto di essere vittima, altrimenti è colpevole, se collabora col persecutore. Guardiamo alla nostra storia di curdi, e di donne. Le due storie vanno in parallelo». Continua Rovelli, conversando: « In effetti “combattere il maschio”, per usare le parole dei curdi, significa combattere la società gerarchica fondata su relazioni di potere e di oppressione che è un tutt'uno con la società a dominante maschile». Su in montagna, i partigiani curdi riempiono le giornate con molte attività. Una è la lettura, importantissima perché la conoscenza è un’arma, uno strumento e una forma di educazione comune, è “scienza e luce”perché «capire è illuminarti per vedere il futuro». Poi c’è da ballare, tutti assieme, giocare a scacchi che è una pratica quasi ascetica, osservare la natura, riconoscerla, guardare il cielo, sedere sotto un gelso (che è l’albero raffigurato in copertina). Non solo guerra, non solo conflitti, imboscate e scontri. C’è tempo per pensare, a volte. Chiedo a Rovelli se è rimasto in contatto con i partigiani e qual è oggi la situazione. Spiega: «Difficile pensare di restare in contatto con i guerriglieri. Tramite i contatti curdi potrei contattarli, se fosse necessario, peraltro con la loro mediazione linguistica. Che io sappia, alcuni di loro sono ancora a Mexmur, dove la situazione è immutata rispetto a un anno fa, la linea del fronte si è stabilizzata. Diversa la situazione nel Rojava, invece, dopo nell'ultimo anno il Daesh ha subito molte perdite a fronte dell'avanzata dei curdi». La vita di Avesta è entrata nella storia del suo popolo, questa donna con occhi di foglia che ha dominato la paura, il dolore, pur di sposare un’idea e un ideale. E questo testo le rende omaggio in quanto simbolo di Resistenza e coraggio sperando - come scrive Rovelli nell’ ultima pagina - che questo « romanzo possa essere per il popolo curdo un piccolo aiuto nella loro lotta di liberazione. Che è anche la nostra.

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